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venerdì 10 aprile 2009

Raccontango

Questo è il mio racconto arrivato quarto al concorso del circolo Agorà di Pisa (http://www.agorapisa.it/index.php?option=com_content&view=article&id=716&Itemid=73), andrebbe letto ascoltando il brano ispiratore: http://www.youtube.com/watch?v=pkJVkQOKCPw...

Buon ascol-lettura!!



Mujer de sal
(Testo liberamente ispirato da “Balada para un loco” di Astor Piazzola)



Mina stava per ore seduta su quella panchina di uno dei tanti parchi pubblici di
Buenos Aires. Era uno degli svariati scarti umani gettati via dalla fretta della
metropoli.
Le mani rugose, lo scialle ad uncinetto, i grossi polpacci avvolti da calze scure.
In quella panchina, Mina aveva costruito la sua vita: ne aveva fatto la sua cucina, il
suo personale salotto, e nelle notti meno fredde la sua frugale camera da letto.
Cullata da un’ intima malinconia Mina se ne stava tutto il giorno a sgranocchiare
noccioline e semi di zucca, catturandosi l’ amicizia dei volatili della zona.
Sembrava una delle mille figure strane del parco, che sfoggiano la loro invisibilità ai
bordi di una città rumorosa e sorda.
Ma Mina, portava con sé una stranezza in più, tanto da meritarsi l’epiteto di Pazza.
Non che di pazzie non se ne vedessero, ma la sua catturava da anni una certa
attenzione.
Al crepuscolo di ogni giorno, infatti, preceduta dallo svolazzare all’unisono degli
uccelli che prendevano il volo davanti a lei, Mina si trasformava in una statua di sale.
Gli occhi sbarrati a fissare l’albero di fronte e un sorriso irreale a illuminarle il viso.
In quella manciata di attimi Mina diventava l’attrazione del Parco, il suo monumento
vivente del crepuscolo.
L’intera figura diventava come opaca, priva di contorni, la goffaggine sembrava
sollevarsi da quel corpo floscio e non era possibile passarle accanto senza provare un
sottile e inquietante senso di bellezza.
In pochi riuscivano a spiegarsi quello strano fenomeno.
Soltanto di rado qualcuno, uno sciamano sceso dalla Pampas, una guaritrice
ambulante o, ancora più raramente, qualche bambino ancora abituato a vedere mondi
stranissimi dietro a normali apparenze, poteva accorgersi dell’effettiva natura di
quella statua.
Tutti i pomeriggi Mina, da quel parco spiccava il volo per un po’ e iniziava a volare.
La città si trasfigurava davanti ai suoi occhi, poteva vedere il mondo così come i suoi
pensieri lo sognavano.
Il parco si riempiva di colori, le facce scure abbozzavano sorrisi, ma soprattutto il
traffico tutto intorno e perfino la corsa delle nuvole rallentavano, il rumore assordante
si attutiva e Mina danzava all’altezza dei tetti dei grattacieli col suo corpo sgraziato.
Da lassù vedeva acrobati fare piroette tra un tetto e l’altro, venditori del mercato che
trasformavano arance in mazzi di rose arancione, con cui sedurre le ricche signore di
passaggio, e ancora, poetanti armati di trombe che distribuivano versi agli anziani del
parco.
Era il folle sogno di Mina che, ogni giorno, volava sopra le strade di Arenales e
disegnava una goffa danza di sogni su quella città imprigionata dal torpore.
A volte, dal viso vecchio e paffuto della statua, qualche visitatore vedeva scorrere
addirittura una lacrima, Mina allora diventava un moderno esemplare miracoloso di
madonna di strada.
Il miracolo durava una manciata di minuti.
Di colpo Mina smetteva di essere foglia e tornava pesante, il sorriso le spariva dalla
bocca e ricominciava a sgranocchiare noccioline, taciturna e greve.
Il viaggio di Mina durò per anni; ogni giorno, a quell’ora, con una precisione
incredibile, questa strana donna reinventava quel pezzo di città.
Folle di curiosi si radunavano spesso di fronte alla panchina, per poi rituffarsi e
scomparire nel brusio informe del parco, appena la vecchia Mina riapriva gli occhi.
Finchè, un pomeriggio di marzo, al consueto crepuscolo, gli uccelli aprirono il
sipario, ma questa volta lo spettacolo cambiò.
I soliti curiosi, ormai avvezzi alle forme temporanee di quella statua, si
meravigliarono che il tempo continuasse a scorrere senza che la donna si muovesse
neanche di un centimetro dalla sua posizione.
Trascorsero ore, ci fu chi pensò di chiamare un’ambulanza o magari dei pompieri per
trasportare quell’oggetto eccezionale, a metà tra carne e pietra, ma, come capita
spesso, ci si abituò con indifferenza anche a quella nuova stranezza.
Mina quel giorno non fu capace di tornare dai suoi sogni, rimase a danzare tra i tetti,
ad accarezzare gli alberi, disegnando piroette tra i rami.
Per tutti divenne la “Mujer de sal”. Così venne scritto ai piedi della statua, che da
allora troneggia sorridente e beffarda in uno dei tanti parchi pubblici di Buenos Aires.
Orde di uccelli si fermano ogni giorno ad accarezzarle le guance e qualche poeta
strampalato compone poesie ai suoi piedi. Nulla si è scoperto dell’identità di Mina, la
Pazza che per riuscire a danzare sul mondo ha dovuto aggrappare per sempre le sue
pesanti membra ad una panchina.
(immagine tratta da http://www.amorphi.net/#)

giovedì 2 aprile 2009

Salvata dalla terracotta...


Si, mi sento salvata dalla terracotta,
ammaliata e affascinata dal modellare con le mani la creta
commossa di fronte al colore che diventa tutt'uno con la terra
mi sembra di aver riscoperto una sapienza nascosta dentro le mie mani
bellissimo e catartico!!!
La terracotta riunisce tutti gli elementi: acqua, aria, terra e fuoco.
E poi...leggete qua...
http://www.donneconoscenzastorica.it/testi/creta/
deamadre.html

tutto torna...le donne...la dea....la terra.