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sabato 20 agosto 2011

Cosa sono le immaginazioni sonore?

L'idea è quella di lasciare al racconto, tra immaginazione e realtà, la possibilità di sfociare da sè dalla musica prodotta dai musicisti di SoundRes. Una liberazione di parole senza filtro, che tenta di cogliere le immagini nascoste dietro ai suoni.

ImmaginazioniSonoreQuattro. "IL GIORNO DELL'ANTILOPE"


Sta l'antilope a piedi nudi in mezzo alla radura.
Se fino ad oggi eravamo da un lato del fiume ora siamo dall'altra ed è l'antilope che ci ha condotti qua.
Diventa serpente per far scorrere l'eccitazione della libertà.
Invoca gli animali contriti dentro a ciascuno e li lascia essere.
I DON'T KNOW WHAT TO SAY.
Non c'è nessuno strumento, bastano corpi e voci.
Corpi animali che escono dalla gabbia e si lasciano fluire.
Poi dai grugniti si arriva alle parole.
Riumanizzazione animale.
Gli occhi ritrovano altri occhi, le percezioni sono vive, entrano silenzio e respiro, le pance si decomprimono.
Intorno un paesaggio sconosciuto, l'universo intero.
I corpi si fanno respiro delle cose.
"Stai con me e racconta. Raccontami una storia".
L'antilope ora è un baobab, la conduttrice del suono vitale, il sussurro dell'alberessa all'essere umano.
Induce radici ancestrali.
"C'è una persona che cammina in silenzio in campagna e questa persona è assorta nei pensieri...".
Ognuno quando racconta, racconta il proprio smarrimento.
Il baobab emette fischi e fruscii, restituisce aria alle parole e la storia prende corpo, si costruisce.
Diventa un gomitolo, una storia corale, si mescolano le lingue e lei, il racconto è il fiumiciattolo che scorre sottile tra le voci.
Donne e uomini ritrovano il loro stare insieme, l'atavica attitudine al racconto.
Evocano notti, incontri con sconosciuti, alabarde, mari, tappi.
Di nuovo il canto, la dolcezza della voce si affaccia tra le pareti porose delle parole. E' un'onda.
Dee e Dei si incontrano.
Le parole inseguono i suoni, i suoni cullano parole,
la foresta ora è una stanza piena di colori, l'aria riacquista anima.
Torna lentamente il silenzio.
La terra respira di nuovo, rimane solo un flebile gemito di sangue, che piano piano rientra.
"Tutto quello di cui abbiamo bisogno è intorno a noi. Aprite gli occhi, guardatevi."
L'antilope, il baobab, la madre terra ha riportato ciascuno a casa.
Il resto è musica con l'anima dentro.
La bellezza non fà rumore,
si riempie di quello che dà.

(Ammirato Culture House, lunedì 8 agosto, tardo pomeriggio, Workshop con Helga Davis)

ImmaginazioniSonoreTre. "INSEMINAZIONE"


In principio era il formicolio.
Voci, la chitarra sfregata che si disperde nell'aria.
Uno sciamano incastra le nuvole e fa spremere pioggia sonora.
Lanciafiamme improvvisi sulla sopraelevata di un filo.
Un altare sospeso in cui il santone celebra un mondo picchiato.
Il suono è invisibile, non ha fonte.
A volte ritrova il corpo, tocca terra.
"Che le chitarre inseminino il Palazzo!",
così grida.
E' una belva che sfotte,
l'analisi del sangue che guida,
mentre la monetina gira e non cade.
Invoca la danza delle ossesse.
Le voci riportano la chitarra in volo.
I AM THAT.
Il corpo entra nelle campanelle dei pensieri,
distribuisce suono a tutti;
lava e asciuga così,
solo per essere Suono.
Frustate di un cane selvaggio. Atto liberatorio.
Distruzioni sonore, uccisione mitica
dello strumento che lo ha generato.
Lui salta, corre, è il satiro folle
il fottuto erogatore.
Musica scomposta,
 imita i gesti del violoncello,
ne tradisce l'armonia
per restituire rumore.
La chitarra vola, il vibratore sembra riposare.
Continuerà
a dispetto di tutto
imbestialito
cacciando via ogni varco possibile di silenzio,
ricercando
fino alla noia.
Inseminando.
NO WORDS.

(Palazzo dei Celestini, domenica 7 agosto, sera,  Lee Ranaldo e Leah Singer, installazione e performance.)

ImmaginazioniSonoreDue. "S-COMPOSTO"


Siamo al buio, le voci sono tutte sospese.
C'è una strada, l'unico suono è quello delle luci intorno che corrono veloci.
In mezzo alla strada non c'è nulla, nessuna traccia di macchina o essere umano.
Intorno invece una folla che brulica, ma rimane nell'ombra e non spodesta il silenzio della strada.
In un attimo appare un tubo catodico in mezzo alla strada, enorme si insinua e segue le curve della strada, tentacolo di suoni. Da dentro arriva un gracidio, un rumore che esaspera le note, le strascica, le ammorba per poi risanarle.
Una corrente di suono.
In mezzo alla strada appare un ragazzo, ha una faccia ossuta e dolce, i capelli lunghi e ricci, labbra sottili e occhi grandi. Bellezza ermafrodita. Chiude gli occhi, si gira intorno e ascolta quel suono metallico e penetrante che gli arriva da un punto che non sa riconoscere.
Si accende una sigaretta e il fumo gli costruisce una cabina intorno, una parete semi trasparente di ostetriche, nani e vassoi di fichi.
Ad ogni dito puntato nella coltre di fumo, si apre un varco. Scolpisce buchi nel fumo mentre intorno le luci continuano a correre. Lui sta fermo, aziona buchi con le dita e intorno tutto suona.
Finchè il suono si avvicina sempre più, invade ogni cellula del suo corpo. Si ritrova di fronte al tubo. Dal buio di dentro entra una luce potente, un trapano che buca la cortina di fumo.
La musica gli trapassa la pelle, arriva alle ascelle, alla gola, alle mani, ai piedi, scorre, è un'onda che non si ferma, un monumento fluido di ferro e cemento, una colata lavica penetrante.
Si lascia penetrare, è un amplesso di suoni, una discesa libera, il ragazzo ora è tutto suono.
Il tubo si ritrae lentamente, il fumo scompare lentamente e si confonde con la scia delle luci intorno.
Il ragazzo trema di un piacere doloroso, lento e ruvido che non chiede niente mentre chiede tutto.
E' un piacere che gratta, corrode, scorre sulla superficie venosa, imbratta le ossa, inghiotte il respiro.
Non c'è poesia, è il rumore che penetra il corpo e lo invita a godere, posticipando il piacere.
Un collasso cellulare.
Il corpo è fatto a pezzi. Il braccio è in bocca, il pene nel naso, la mano nello stomaco senza più differenza tra epidermide e interiora.
Corpo ibridato, godimento scomposto, carne appesa. Così sta il ragazzo.
Il suono è carne e la carne suona.
Lentamente scompaiono anche le luci, il suono è sempre più lontano, il corpo affaticato si ricompone, riprende la forma che aveva prima di essere suono.
Così
ricomposto
e
 attraversato,
 muore.

(AmmirAto Culture House, 6 agosto, pomeriggio. Workshop con Lee Ranaldo)


ImmaginazioniSonoreUno. "VENERI".


E' il crepuscolo.
Due donne belle, ognuna nella sua particolare bellezza,
salgono fuori dall'acqua.
Sono due veneri del lago.
Hanno voci leggere, un soffio di canto che esce dalla superficie increspata dell'acqua e sale con loro, ricerca onde sonore tra i flutti.
Un uomo giovane, riccio sta lì a farsi il bagno sul bordo del lago e suona l'acqua col suo corpo che si muove.
Un altro con capelli di vento e occhi di fuoco, sta fuori, piedi nudi e sbatte pietre con due bacchette.
Quando le vedono salire quasi naturalmente il suono dell'acqua e quello delle pietre iniziano a muoversi sinuosi tra il canto sottile.
I suoni si cercano, si fondono amorosi tra sabbia e cielo.
D'improvviso le voci parlano alle pietre, è un dialogo da lontano
che sfocia in un ruggito, un fischio, uno scalpitare concitato di cuore e mani che battono più forte.
E' la savana dell'anima, la voce vorrebbe urlare, ma canta.
Diventa l' approdo dolce all'eccitazione che scuote le viscere.
All' accorgersi di questo andare concitato delle voci, le veneri escono dall'acqua, camminano lente a piedi nudi, lasciano gli affamati leoni là, uno nell'acqua e l'altro seduto in terra.
Rimane dietro loro una scia di profumo che prolunga i suoni nelle mani del suonatore d'acqua e dell'agitatore di pietre.
Rimangono i divoratori ai fianchi dell'accampamento a controllare che tutto proceda,
mentre le donne si lasciano truccare dal sole e indossano pelle di luna.
C'è attesa che la bellezza torni a sfiorare il fianco della montagna, che le veneri sorgano di nuovo da quell'acqua.
Qua intanto si prepara il banchetto, la festa dei suoni e della carne,
il ricongiungimento ancestrale, tra uomo e donna,  suono e  materia.

(Ammirato Culture House. Sabato 6 agosto. Tarda mattinata. Mina Tindle e Emily Hall provano una nuova canzone, Louis suona la chitarra e Oh Petroleum la batteria)

giovedì 18 agosto 2011

RESPIRO


Ho appena visto "Respiro" di Crialese.
Come non sentirsi la bambola a pezzi senza respiro?
Donne di prima e di ieri spezzate dalle buone maniere, dalle pressioni intorno, tacciate di pazzia.
Portano in sè tutti i mali di una comunità, il volto e i gesti che concentrano le idiozie e le superstizioni di una comunità chiusa, frustrata.
I ragazzini si prendono a botte, gli uomini fanno i ragazzini. Incapaci di un'educazione sentimentale, inadatti alle passioni perchè circoncisi nel pensiero.
Cerca l'acqua lei, la profondità del mare, per lavarsi da tutto, far scivolare voci, raccomandazioni, benedizioni, esorcismi.
Alla fine ce la fa li porta tutti in acqua, li caccia nel mare, come una sirena che perdendosi ha ridato la direzione alle cose.
Ora tutti respirano, grazie a lei.