Il Club Gallery di Aradeo è un luogo-casa. C'è la poltrona, la musica, il bere in compagnia e fino al 30 settembre alle pareti c'è raccontata una storia di fuoco “scritta”
su legno,
con lanciafiamme e pirografo,
prima personale d’arte
di Giuseppe Apollonio.
Giuseppe usa come prolungamento delle mani un pirografo che traccia solchi minuti, escoriazioni del corpo legno e un lanciafiamme, micro esplosione che segna millimetrici
vulcani su una superficie piana. Con questi strumenti e mescolando lamiere, acqua, sale, sabbia compone gli elementi perché il fuoco si esprima, lasci trame invece che braci.
E' quasi un atto sciamanico il
suo: imbrigliare il fuoco perché invece di bruciare e basta, cuocia immagini, linee minuscole e bolle d'aria.
«Mi interessa la lentezza del fuoco e l’odore della
combustione, come mi interessa cercare di rallentare la corsa del vissuto per
coglierne il calore».
L’impressione è quella di un lavoro che si genera
dalle bruciature interne del corpo dell’artista per uscire come segni, forme
sinuose, terapeutiche perché trasformano l’esplosione.
Giuseppe realizza con le mani immagini che a volte ripercorrono il reale inseguendone ogni particolare, tanto da sembrare foto bruciate,
come in Dopo la tempesta, color seppia al fuoco.
In realtà nel processo creativo è lo sguardo che osserva con un occhio appuntito e allo stesso tempo spazioso la realtà, non è un calco il suo, ma un ricreare linee che l'occhio ha prima raccolto,
esplorandone i pieni.
In Lievitazione l’occhio ripercorre
l’immagine di due corpi bruciati dal fuoco: uno si slancia da terra e vola,
sotto l’altro lo guarda.
Insieme si fanno albero, uno radice, l'altro ala.
Il movimento del
fuoco genera forme magmatiche ne I Cantantessi.
Un intreccio di facce che si generano col fiato l’una dall’altra, si respirano,
si cantano.
Il paradosso del
fuoco diventa poi acqua, si fa Onda,
la sfida titanica tra elementi opposti: un
lanciafiamme a
raccontare un conato d'acqua, un millimetrico sbadiglio del mare.
«Il fuoco è opposto all’acqua ma come essa si muove,
riuscendo a raggiungere gli spazi più reconditi della materia e dell’essenza
delle cose».
Dal legno arso
senza distruggere nascono anche i Tessuti,
trame corporee: omeri,
gomiti, lembi di pelle, piccole ferite tra un poro e l'altro, venature di un battito,
anfratti onirici, ovuli, radici, sospesi in un bianco acrilico, nel vuoto che
origina ogni cosa.
L'ultima tavola è imbandita con un corpo a pancia sotto, materializzazione di una lentezza appollaiata a un fuoco, di una nudità distesa generata dal calore.
La tavola è un tributo a Roger Mertin e ai suoi "Plastic dreams" nudi avvolti nella plastica. La
plastica del bianco e nero di Mertin diventa un tessuto striato, una collina segnata
dalle ombre. Il corpo diventa quasi più vivo dell’opera originaria, i piedi un
vortice di linee. E’ un corpo arso, ma vivo, un corpo di uomo-donna, ancoraggio
di opposti.
Combustioni è un
corpo a corpo col fuoco, ogni tavola andrebbe osservata col cuore infiammato e
magari le ferite scoperte per sentirsi leniti e ancora caldi, per ritrovare la
forma del sogno dietro al fuoco.
Giuseppe Apollonio, nato a Galatina nel 1976, vive e
lavora come architetto e artista a Lecce. Attualmente è coofondatore di AFA
architets in a farm, un laboratorio condiviso che si occupa di architettura ,
design e arte.
Al Club Gallery (Arci), Piazza Indipendenza 28, Aradeo (Le),
fino al 30 settembre.