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mercoledì 7 dicembre 2011

GIORNATA NAZIONALE DEL CAFFE' SOSPESO

 

Apprendo dallo scrittore Beppe Sebaste nel suo Blog che il 10 dicembre è la giornata del "Caffè sospeso" (http://beppesebaste.blogspot.com/2011/12/caffe-sospeso-giornata-del-dono-anonimo.html). Come viene spiegato si riprende un'usanza napoletana di lasciar pagato nel bar un caffè per l'anonimo che entrerà poi. Pago il mio caffè e ne lascio uno come dono per lo sconosciuto o la sconosciuta verrà. Questa pratica napoletana di abitare i bar sarebbe senz'altro tutta  da riproporre e addirittura ribadire filosoficamente come atto di civiltà, di un abitare umanamente avanzato: la preziosità di un gesto senza tornaconto, l'immettersi in una catena invisibile fatta di tazzine di caffè bevute col sorriso grato, le stimolazioni di curiosità da parte di chi si ritrova un regalo senza averlo chiesto,  tutte pratiche minime di riappropriazione dell'umano vivere nel tritacarne della quotidianità, innestate da un gesto semplicissimo.
Un gesto sospeso, che si dà, senza sapere dove andrà esattamente.
Un'altra cosa che apprendo con piacere e che di questa pratica ne hanno fatto un simbolo sette festival del documentari italiani, che hanno costituito una Rete del caffè sospeso (http://caffesospeso.wordpress.com/principi/).
Il fatto che realtà culturali ai margini dei grossi festival abbiano deciso di collegarsi tramite una rete del dono lo trovo non soltanto un atto culturalmente rilevante, ma anche uno stimolo a farsi contagiare dall'arte del dono nelle pratiche culturali anche all'interno delle nostre città.
Se penso a quante fantomatiche reti ho visto naufragare in varie città d'Italia in nome di una non-sospensione, di una mancanza di dono a catena.
In realtà provinciali esiste spesso un implicito "mors tua vita mea" che impedisce invece la fecondità tra granelli piccoli. Se dai semi piccoli, dagli esperimenti dal basso bisogna ricominciare allora sarà necessario andare dall'altro a contribuire alla sua riuscita e viceversa, ospitarsi reciprocamente, calcare le scene reciproche, scambiarsi gli spartiti e citare in ogni proprio pezzo un pezzo di un altro.
Cosa succederebbe se ogni spettacolo teatrale ne ospitasse un pezzo di un altro, se ogni pagina scritta ospitasse quella di un altro, ogni musicista accompagnasse lo spartito dell'altro, ogni mostra si facesse portavoce di quella del vicino e in uno scatto fotografico mettessi un pezzo di quello di un altro?
Ma di più, sarebbe possibile aprirsi al rischio di un beneficiario oscuro, che magari prende la parola mentre c'è lo spettacolo e nel tempo di un caffè fa il suo teatro, lasciare al mercato un banco vuoto per chiunque voglia, già pagato, esporre le sue cose, o magari prendere nella scrittura la voce che arriva da fuori, in un attimo di silenzio.........."Che c'è? Mi sorridi? Mi guardi e non favelli?".
Si riunirebbero i piccoli margini resistenti di una scena culturale pubblica  spesso noiosa e fiacca e sarebbe come un eco, un eco imprevedibile, rischioso certo, ma vivo.
Allora sospendiamoci, senza sapere esattamente a chi doneremo, lasciamo aperto uno spazio anche senza destinatario, l'unico rischio che potremmo correre è magari che uno non proprio simpatico berrà il nostro caffè, ma volete mettere la soddisfazione di vederlo o immaginarlo sorridere al nostro dono?!
"Tenga il resto, lo lascio per il caffè di chi arriverà dopo.."
"In fine per me la scrittura è un dono, che mi faccio a prezzi modici. Che possa esserlo anche per lo sconosciuto che legge, resta per me una sorpresa, mai potrò abituarmi. E' uno di quegli scambi, incontri di fortuna, improvvisati, a distanza, come versare vino in un bicchiere lontano" (Erri de Luca, Alzaia).

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