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domenica 25 agosto 2013

Crowdfunding per l’arte visiva: Cicli Futili#1, l’ultima opera di Cristiano Berti




L’artista Cristiano Berti sceglie il crowdfunding per la realizzazione dell’opera d’arte visiva e concettuale Cicli Futili#1: Gaggini.
Sono molti i registi, musicisti, i collettivi e le associazioni che utilizzano le piattaforme di crowdfunding alla ricerca di co-produttori per le proprie opere e idee progettuali.
Questa modalità di ricerca delle risorse si inserisce in un momento di crisi economica individuale e di finanziamenti pubblici a sostegno dell’arte e della cultura, coinvolgendo la collettività nella produzione artistica. Il processo è molto interessante perché obbliga gli artisti a spiegare, chiarire, comporre in maniera pubblica il processo creativo, le fasi del progetto, gli obiettivi. Chiunque può versare il proprio contributo anche minimo, alla cui somma corrisponde un ringraziamento materiale o immateriale dell’autore/artista/ associazione. Dunque una metodologia che risponde a un problema economico, ma che consente anche di riportare in qualche modo l’opera alla comunità.
In questo caso, in particolare, l’arte concettuale e visiva fuoriesce dal predominio di un’autorialità che spesso nasconde il processo di elaborazione, che rimane all’artista o ai suoi collaboratori stretti, riducendo lo spazio della comprensione e dell'esplorazione di senso dell'opera finale da parte dello spettatore.
Non sorprende che un’artista come Cristiano Berti da sempre impegnato attraverso le sue opere a ricercare connessioni inaspettate tra le maglie del reale abbia scelto questo metodo di finanziamento per l’opera Cicli Futili#1, che mette in connessione due luoghi lontani attraverso la figura dello scultore Giuseppe Gaggini: la cava di Rocca Bianca in Val Germanasca, sulle Alpi piemontesi di proprietà di Gaggini, e la Fuente de la Noble Habana, uno dei monumenti più visitati de l'Avana.
La storia che li lega si svolge negli anni Trenta dell' Ottocento quando Don Claudio Martinez de Pinillos, conte di Villanueva, commissionò allo scultore Giuseppe Gaggini la fontana detta Fuente de l’India, completata nel 1836, che prese la via del mare a Genova e giunse all’Avana nel 1837.
L'opera di Berti traccia un ponte tra un luogo abbandonato silenzioso delle Alpi, in cui compare su una roccia la firma scolpita di Gaggini e una piazza affollata nella capitale cubana.







Gli strumenti pensati dall’artista per comporre questa giustapposizione sono: due immagini, che saranno scattate dal fotografo Piero Ottaviano e la riproduzione dei suoni dei due ambienti.
Il tutto prenderà vita nell’allestimento finale, che rispettando la ciclicità e la modalità partecipativa di tutto il processo creativo, si concretizzerà in due immagini interattive in cui lo spettatore potrà immergersi e operare, attraverso il tocco, la transizione dall’una all’altro paesaggio.
Dunque la restituzione ai fruitori è completa nel progetto di Berti che predispone nella fase di restituzione finale un congegno visivo e sonoro che consente facilmente allo spettatore di entrare nell’opera e nei suoi livelli multipli accostati.
Questa che sarà la prima di una serie si configura quindi come un’opera di ricostruzione di senso, che prevede una ricerca storica prima e una restituzione del legame esplorato attraverso l’opera finale.
Un lavoro che si interessa di storie singolari, spesso sottili, sedimentate e nascoste che Berti sceglie di indagare con uno sguardo da artista appassionato di “antropologie connettive”.
La curiosità e la ricerca artistica è la spinta in questo caso ad esplorare inattesi legami, attraverso la ricerca e l’esplorazione di documenti, “reperti” a cui lo sguardo artistico dona una postura inedita. Il monumento importante di Cuba che appare nelle guide turistiche assume qui un’altra veste, un altro sguardo, grazie all’occhio attento e indagatore dell’artista.
Un modo di fare arte profondamente legato alla ricerca storica e antropologica che si occupa di restituire agli occhi del fruitore pezzi di puzzle da ricostruire.
Viene ancora alla mente il titolo della recente personale dell’artista “Vertigine del reale”, ovvero l’attenzione posta ai dejavu, ai paradossi, alle frizioni della realtà che generano cerchi concentrici, che l’artista Berti riporta alla luce e sottolinea restituendo allo spettatore lo stupore delle vertigini minime, filiformi, sottili presenti in luoghi, biografie, oggetti reali. Quasi ad offrire un ulteriore strato di realtà a ciò che è quotidianamente “sotto gli occhi di tutti”.

http://www.indiegogo.com/projects/futile-cycles-gaggini


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