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giovedì 21 luglio 2011

AMMIRAGLIA LUNA

I palazzi intorno coprono la luna piena.
Nel caldo poroso della pietra l'acqua prende metaforicamente vita.
Scipio indossa una maschera da sub, celebra il mare, l'infinito in cui sprofondare a occhi aperti.
Invoca l'immersione, lo scendere liquido a esplorare la vita del fondo.
La malleabilità dell'esistere.
Una rete da pesca raccoglie pesci volanti nel lampadario del piano di sopra.
Catturare. La luna, la luce del sole, i suoni, le idee.
Ma che sia un catturare dolce, capace di lasciar libero, all'occorrenza.
Costruzioni sottili, fili di senso.
Sarebbe bello mandare un tubo grigio che dalla luna si rifletta ai piedi dello Scipione.

Stamattina i suoni hanno preso le sembianze di un trombettista rom che è entrato nella corte a portare il suo tema di discussione al convivio accademico dei Trasformati.
I tubi della panchina "aliena" si sono riempiti di voci potenziali, una panchina conduttrice di suoni.
Un grande telefono senza fili dove i fili ci sono, ma sono corrugati.
Collegano la terrazza alla corte, sono un gioco sonoro tra su e giù, tra alto e basso.
Sarebbe bello portarci la luna piena  e sussurrarla a chi sta seduto, ma sarebbe come chiudere tra quattro mura ciò che ha vocazione di infinito.
Quattro mura da una parte e l'infinito oltre. 
Danzano, reclamano, litigano e la luna sta là sempre piena, sempre coperta dai palazzi.
Attitudine all'esistere anche senza sguardi,
solo per il gusto di dare sembianze picassiane alla notte.

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