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martedì 6 settembre 2011

I FUOCHI DELLA FESTA DEL MARE. Cronaca da un dirupo.

A Lecce, la città in cui vivo, ogni giorno sparano fuochi d'artificio. Si sentono spari persino nelle ore mattutine. Ogni volta che qualcuno viene a trovarmi posso dedicargli una serie di fuochi. Li usano per tutto: feste parrocchiali, matrimoni, sagre, compleanni.


Per cui è stato strano tornare ad Ancona, la città in cui sono nata, proprio il giorno della Festa del Mare, la prima domenica di settembre, in cui l'immancabile rituale è trovare una buona visuale per godersi i fuochi.

La festa in realtà inizia prima con la processione delle barche e il gettare una corona di alloro in mare in ricordo dei caduti sulle sue acque.

Si esorcizza con i fuochi la paura. “Loda il mare, ma tiente la terra”, il motto di mia nonna, emblema secondo me, di questa città che invoca, ma teme il mare, che da sempre non lo vive spensierata, lo mangia, lo guarda, ci nota, ma con devoto distacco.

Ho sempre pensato che Ancona è molto più bella vista dal mare che dalla terra, le visuali che si hanno del centro storico dal porto rendono una bellezza che non si può scorgere attraversandola.

I più fortunati, infatti, sono quelli che con le barche guardano i fuochi infrangersi sul mare , si piazzano di fronte al molo per vedersi tutti colorati dai riflessi degli spari, gli altri stanno a varie distanze.

Quest'anno tra l'altro c'è anche un pubblico bizzarramente d'eccezione. Non posso infatti non chiedermi come assisteranno allo spettacolo tutti quei vescovi a cui il comune, come alloggio per il congresso eucaristico, evento attesissimo della città, hanno affibiato una nave. Me li vedo tutti vestiti da vescovi, così come ce li ha un po' presentati Nanni Moretti in Habemus Papam, che si sbracciano sul pontile per vedere i fuochi. Quelli più giovani che svegliano i più vecchi inzocchiti dall'ora tarda.

A me, da sempre, è bastato uscire di casa e girare l'angolo.

Così, ripetendo una trafila che avevo dimenticato da un po', alle undici meno dieci muniti di plaid e di una felpina contro vento e possibile pioggia, ci siamo incamminati per cercare un angolo d'erba nel dirupo scosceso che da Posatora declina nel mare.

Siamo in una zona di frane e di anno in anno sembra di stare più vicini all'acqua senza chiedersi se è una paura o una realtà.

Proprio questo corteggiamento sempre più diretto al mare fa di Posatora un angolo privilegiato per vedere i fuochi, tanto che in molti vengono qua da altri quartieri.

Mi sdraio in quell'erba irsuta, vorrei godermi il tintinnare sordo dell' albero. Il vento ne suona i baccelli un po' come fanno quegli strumenti brasiliani ricavati dalle zucche.

Mi piacerebbe anche concentrarmi sull'odore dell'erba e immaginare quello acre del porto e lì aspettare cauta il primo botto, ma il dirupo è pieno di gente. Un po' mi commuove il fatto che ancora così tante persone se ne vengano là a festeggiare il mare di notte colorato da fuochi alati.

Ancora prima di iniziare inizia la solita bagarre: “vedrai che piove e non li fanne cosi risparmiane”, “tanto dureranne poco”, “te ricordi quelli de senigallia quant'erane belli”, e i più polemici: “gli ancunetani se je aumenti le tasse non dicene niente, se je tocchi i foghi s'incazzane”.

Ma è al primo scoppio che il pubblico si scatena.

C'è sempre un bambino che dona ancora a tutti qualche sospiro di meraviglia, immancabile la signora che li commenta tutti uno a uno quasi fosse a una sfilata autunno-inverno, il super critico che ne sa un po' di tutto ne apostrofa la grandezza, apprezzando i più grandi e deprecando i più piccoli. Elogio delle dimensioni. Delusione strisciante del “ma questi è normali!” che viene dopo l'approvazione generale di fronte agli smile infuocati o alle sfere luminose, che a me ricordano pericolosamente il logo di una nota marca di bibita gassata scura che inizia con la P, ma un bimbetto mi rincuora: “E' la bandiera della Francia...”.


Scatta poi la curva Amarcord: “Ma te ricordi quelli de quell'anno, l'89...No! Mamma era ancora viva, era l'82, l'anno che l'Italia ha vinto i Mondiali, erane belli un bel po' quelli”.

Non mancano le steccate alla giunta comunale: chi dice che ha speso troppo e chi troppo poco.

Arriva una leggera pioggerellina e per magia nessuno la nomina, si sta indenni come se nulla fosse ad attendere la fine.

I momenti di silenzio sono rari. A un certo punto una delle attrazioni infuocate è una sfera pulviscolare che rimane sospesa, sembrano i granelli della tv quando si interrompe.

Sarebbe bello interrompere le trasmissioni per uscire tutti a vedere i fuochi della festa del mare.

Mollare la bolla passiva in cui ogni sera gli abitanti ormai di ogni città si rinchudono per uscire fuori tutti insieme a salutare con una festa l'estate che finisce.

Mi guardo intorno e scopro che un po' è così, quei fastidiosi commenti se da una parte sono l'emblema di una anconetanità che non riesce a godersi le cose, che ha sulla bocca una lamentela continua, dall'altra però sono un segnale di non passività, si può persino dialogare con l'amministrazione comunale virtualmente con lo sguardo alto sopra al mare.

Certo, penso, sarebbe stato bello fare una festa vera: che da ogni punto di visione si iniziasse alle nove con braciole e vino rosso aspettando i fuochi e dopo i fuochi qualche bell'organetto o una chitarra. Sarebbe bello che ogni collina attorno al mare si illuminasse di falò aspettando che il mare stesso lo diventi. O meglio ancora si potrebbero fare abbuffate di moscioli, vino bianco e un po' di pane.

Invece già alcuni preannunciano la fine, a seconda della maestosità dei fuochi c'è sempre una voce che li decreta come ultimi, o meglio penultimi perchè tutti, ma proprio tutti, dai bimbi piccoli alle nonne, sanno che i fuochi finiscono quando tre colpi non colorati vengono dispersi nell'aria. Uno, due, tre, è finito.

Auguri mare e grazie che abbiamo potuto sguazzarti dentro per l'intera estate.

Auguri e alla prossima; speriamo che la festa sia davvero una festa, la tua e la nostra.

Ora morire di mare fa meno paura,

forse.



"Approdo" di Mario Giacomelli

1 commento:

Valerio ha detto...

Grazie della segnalazione. Sei un'appassionata di poesia e di arte in genere, vedo.
Ancona è una città tutta da scoprire e inventare. Bella l'idea dei falò o comunque dei pic-nic sui colli dorici.
Con la nostra associazione Nie Wiem cerchiamo da qualche anno, assieme a tante altre realtà creative del luogo, di vivacizzare questo nostro borgo natìo e selvaggio.
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Saluti